
La scoperta del pianeta K2-18b ha rappresentato uno dei momenti più significativi dell’astronomia moderna. Situato a 120 anni luce dalla Terra, questo esopianeta ha attirato l’attenzione degli scienziati per la sua atmosfera potenzialmente abitabile e per la presenza di molecole che potrebbero essere collegate alla vita.
K2-18b orbita attorno a una nana rossa fredda chiamata K2-18, situata nella costellazione del Leone. Questa stella è molto più piccola e fredda del nostro Sole, ma ciò non ha impedito a K2-18b di trovarsi nella cosiddetta “zona abitabile”, cioè quella fascia di distanza dalla stella in cui l’acqua può esistere in forma liquida.
Il pianeta dista circa 120 anni luce dalla Terra. Completa un’orbita intorno alla sua stella ogni 33 giorni terrestri. Nonostante la vicinanza alla sua stella, la temperatura su K2-18b potrebbe essere compatibile con la presenza di acqua liquida grazie alla minore luminosità della nana rossa.
K2-18b è stato scoperto nel 2015 grazie al telescopio spaziale Kepler, nella sua estensione chiamata missione K2. Utilizzando il metodo del transito – l’osservazione delle lievi diminuzioni di luminosità della stella causate dal passaggio del pianeta davanti ad essa – gli astronomi hanno potuto rilevarne la presenza.
Sia la NASA che l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) hanno contribuito allo studio di K2-18b. In particolare, strumenti come Hubble e, più recentemente, il James Webb Space Telescope, hanno permesso analisi più dettagliate dell’atmosfera del pianeta.
K2-18b è una “super-Terra” o, secondo alcune classificazioni, una “mini-Nettuno”. Ha una massa circa 8,6 volte quella della Terra e un raggio circa 2,6 volte maggiore. La densità suggerisce che potrebbe avere un nucleo roccioso circondato da una spessa atmosfera di gas.
Le osservazioni effettuate con Hubble e James Webb indicano la presenza di vapore acqueo nell’atmosfera di K2-18b. Ciò suggerisce che il pianeta potrebbe avere un ciclo dell’acqua simile a quello terrestre, un requisito fondamentale per la vita.
Essendo nella zona abitabile della sua stella, K2-18b riceve una quantità di energia che potrebbe consentire la presenza di acqua liquida sulla sua superficie o nel sottosuolo, anche se la sua atmosfera densa potrebbe influenzare molto il clima.
La scoperta di vapore acqueo ha entusiasmato la comunità scientifica. È la prima volta che questo elemento viene trovato nell’atmosfera di un pianeta di dimensioni simili alla Terra nella zona abitabile, aumentando le possibilità che K2-18b possa sostenere forme di vita.
Nel 2025, le ricerche su K2-18b hanno segnato un momento storico. Il telescopio spaziale James Webb ha rilevato nella sua atmosfera la presenza di dimetilsolfuro (DMS) e dimetildisolfuro (DMDS), due molecole che sulla Terra sono prodotte esclusivamente da organismi viventi, in particolare dal fitoplancton marino.
Questa scoperta ha ottenuto un livello di confidenza del 99,7%, rendendola la prova più forte mai registrata della potenziale esistenza di vita extraterrestre.
K2-18b è stato ulteriormente classificato come un “mondo hycean” – un pianeta ricoperto da un oceano globale e avvolto da un’atmosfera ricca di idrogeno. Queste condizioni potrebbero essere estremamente favorevoli alla vita microbica, anche se non simile a quella terrestre.
Nonostante l’entusiasmo, la comunità scientifica rimane cauta. Le molecole rilevate sono forti indizi, ma è fondamentale escludere possibili origini non biologiche. Gli studi futuri si concentreranno su una caratterizzazione ancora più dettagliata dell’atmosfera e della superficie del pianeta.
K2-18b è molto più massiccio della Terra. La gravità superficiale potrebbe essere il doppio di quella terrestre, influenzando la struttura biologica di eventuali forme di vita. Questo rende difficile immaginare un’esistenza “umana” lì, ma non esclude la vita microbica.
La densa atmosfera potrebbe creare una serra simile a quella di Venere, ma più controllata, permettendo temperature più miti. Tuttavia, la composizione esatta dell’atmosfera rimane ancora oggetto di studio approfondito.
Al momento non esistono tecnologie in grado di inviare sonde o veicoli spaziali verso K2-18b, vista l’enorme distanza. Tuttavia, i progressi nei telescopi spaziali permettono osservazioni sempre più precise.
Progetti futuri come LUVOIR e HabEx, due concept della NASA, mirano a studiare esopianeti con strumenti più sofisticati. Potrebbero un giorno fornire immagini dirette e analisi spettroscopiche di mondi lontani come K2-18b.
Il James Webb Space Telescope (JWST) ha rivoluzionato l’osservazione degli esopianeti, inclusa quella di K2-18b. Grazie alla spettroscopia a infrarossi, JWST ha permesso di rilevare la composizione chimica della sua atmosfera. Le firme di vapore acqueo, metano e anidride carbonica sono state identificate, suggerendo la possibile presenza di un ambiente oceanico sottostante.
JWST ha confermato i precedenti dati del telescopio Hubble, ma con una precisione molto più elevata. Il sospetto di presenza di DMS ha riacceso l’interesse scientifico globale, rendendo K2-18b uno dei candidati più promettenti per la ricerca di vita aliena nel prossimo decennio.
Alcuni scienziati sostengono che le condizioni su K2-18b siano ideali per la vita, mentre altri avvertono che l’ambiente potrebbe essere troppo ostile. Il dibattito è ancora aperto, soprattutto per la mancanza di dati diretti sulla superficie del pianeta.
Mentre c’è chi invita alla prudenza, ricordando che la presenza di gas biologici non implica necessariamente vita, molti vedono in K2-18b un’opportunità unica per studiare un mondo esotico ma “vicino” in termini astronomici.
Le notizie su K2-18b hanno fatto il giro del mondo. Testate come BBC, National Geographic, e Space.com hanno riportato con entusiasmo le scoperte, alimentando l’immaginario collettivo.
Non solo astronomi: anche appassionati di spazio, studenti e curiosi hanno mostrato grande interesse per questo pianeta. K2-18b è diventato uno degli argomenti più cercati sui motori di ricerca legati allo spazio.
Gli esopianeti come K2-18b vengono individuati principalmente con il metodo del transito, ma anche con la velocità radiale, che misura le oscillazioni gravitazionali della stella madre.
Quando un pianeta transita davanti alla sua stella, parte della luce stellare attraversa l’atmosfera del pianeta. Analizzando questa luce, gli scienziati possono dedurre la composizione atmosferica, come nel caso di K2-18b.
Nei prossimi anni, strumenti come i telescopi spaziali LUVOIR e ELT (Extremely Large Telescope) potrebbero cambiare le regole del gioco, offrendo capacità di analisi senza precedenti.
La ricerca sugli esopianeti come K2-18b coinvolge agenzie spaziali di tutto il mondo: NASA, ESA, JAXA, e altri. Il futuro della scienza spaziale è sempre più collaborativo e interdisciplinare.
Scoperte come quella di K2-18b spingono l’umanità a riflettere sul nostro posto nell’universo. La possibilità che non siamo soli ha implicazioni non solo scientifiche, ma anche culturali, religiose e filosofiche.
Sapere che potrebbero esistere altri mondi abitabili rafforza il senso di connessione tra gli esseri umani e l’universo. In un’epoca di crisi terrestri, guardare alle stelle può rappresentare anche una forma di speranza.
La scoperta del pianeta K2-18b è molto più di un semplice traguardo astronomico: rappresenta un faro di speranza e curiosità per l’intera umanità. Con le continue osservazioni del James Webb e futuri strumenti, potremmo essere sempre più vicini a rispondere alla domanda che ci accompagna da secoli: “Siamo soli nell’universo?”
🔗 Per approfondire, visita la sezione dedicata agli esopianeti sul sito della NASA.
È un esopianeta scoperto nel 2015, situato a 120 anni luce dalla Terra, nella zona abitabile di una nana rossa nella costellazione del Leone.
Potenzialmente sì. Possiede un’atmosfera con vapore acqueo e potrebbe avere condizioni favorevoli alla vita microbica.
È stato rilevato dal telescopio Kepler con il metodo del transito, e successivamente studiato da Hubble e James Webb.
No. È molto più grande e ha una gravità diversa, ma alcune caratteristiche atmosferiche ricordano quelle terrestri.
Con le tecnologie attuali, è impossibile. Ma future missioni e telescopi potrebbero fornire immagini e dati più precisi.